
Nel mare oscuro dei metroidvania indie, Undivine è il nuovo metroidvania oscuro sviluppato Wendeoo e pubblicato da Deadpix Studios. Ispirato alla mitologia lovecraftiana e costruito su una struttura RPG, il gioco trasporta il giocatore in un mondo dove la luce è un ricordo lontano e ogni passo potrebbe essere l’ultimo. Il nostro alter ego è un viaggiatore senza nome, spinto da motivazioni ignote a calarsi in un baratro da cui nessuno ha mai fatto ritorno. Ma non è solo coraggio: c’è qualcosa che chiama da sotto. E noi, ovviamente, rispondiamo.
Un mondo in rovina che sussurra segreti
L’ambientazione di Undivine è uno dei suoi punti forti. Cupa, opprimente, decadente al punto giusto. Il mondo di superficie, seppur breve, dà subito il tono dell’esperienza: nemici deboli, NPC misteriosi e una costante sensazione di inquietudine. È una terra dove la follia sembra più vicina della salvezza.
La narrazione è volutamente frammentata. Non ci sono lunghe cutscene o spiegoni: si scopre il mondo ascoltando i bisbigli degli NPC, leggendo tra le righe, osservando l’ambiente. Alcuni dialoghi sembrano privi di significato, finché non torni più tardi, armato di una nuova reliquia o di una consapevolezza diversa. La sensazione è quella di essere un ingranaggio in un meccanismo antico e perverso, dove anche le “buone” azioni potrebbero portare a esiti tragici.
Controlli retrò, combattimenti brutali
Dimentica i classici comandi: Undivine punta su una mappatura alternativa, con le frecce per muoversi e tasti separati per attacco, magia e scatto. Può sembrare scomodo all’inizio, ma dopo un po’ diventa naturale. Anzi, alcuni giocatori potrebbero trovarla sorprendentemente efficace per il ritmo del gioco.
Il sistema di combattimento è semplice all’apparenza ma nasconde piccole sfumature. Molti nemici si sconfiggono con una buona dose di aggressività, ma ci sono boss che richiedono timing, strategia e soprattutto: calma. Chi si lancia a capofitto viene punito, chi osserva e reagisce viene premiato.
Reliquie, talenti e percorsi multipli
Uno degli elementi distintivi di Undivine è la gestione dell’equipaggiamento. Il giocatore può collezionare reliquie, potenziamenti e oggetti speciali che modificano le abilità del personaggio. Alcune sono indispensabili per proseguire, altre sono piccoli bonus che facilitano la sopravvivenza (o la rendono meno frustrante).
Ci sono diciassette reliquie in tutto, e mentre alcune – come Vorpalis o gli Stivali Eterei – sono fondamentali per l’esplorazione, altre sono più opzionali ma interessanti, come la Maschera Spettrale, che rivela stanze segrete, o la Medaglia del Carver, che cura il personaggio raccogliendo frammenti.
Anche il sistema di talenti aggiunge profondità, con abilità che migliorano attacco, difesa, resistenza, uso della magia e tanto altro. Tuttavia, solo Linguistica è davvero essenziale per accedere ad alcune aree e comprendere meglio il mondo che ci circonda. Il resto? Dipende dal tuo stile di gioco.
Una discesa inevitabile
Undivine non offre un ventaglio infinito di scelte. Anzi, l’intera esperienza sembra costruita per farti sentire in trappola, come se ogni decisione fosse già stata presa molto prima del tuo arrivo. Anche i finali – più di uno – riflettono questa fatalità. Il “buon finale” non è davvero buono, e la salvezza, se esiste, ha sempre un prezzo.
Il design dei livelli è stratificato e gratificante da esplorare. Ogni nuova zona è un puzzle, ogni stanza nasconde un segreto o un pericolo. C’è una certa lentezza nell’avanzare, ma non è un difetto: è una scelta di design che enfatizza l’atmosfera di oppressione e solitudine.
Da giocare, anche solo per perdersi nell’oscurità
Undivine è un metroidvania per chi ama esplorare, osservare e interpretare. Non ti prende per mano, non ti dà istruzioni precise, e a volte sembra quasi voler respingere il giocatore. Ma chi resiste a quella prima discesa troverà un mondo affascinante, malinconico e profondamente coerente con la sua visione.
VOTO 7/10
Pro
- Atmosfera incredibile
- Ottimo level design
- Progressione
- Colonna sonora
Contro
- Comandi non personalizzabili
- Dialoghi piatti
- Boss troppo semplici
- Sistema di oggetti macchinoso