
Era il 9 giugno 2024 quando, durante l’Xbox Games Showcase, Doom Year Zero si mostrò per la prima volta al mondo col suo vero nome, Doom: The Dark Ages. Da quel giorno, la febbre da Slayer è tornata più forte che mai. Sviluppato da id Software e pubblicato da Bethesda Softworks – ora parte dell’universo Microsoft – il titolo si presenta come un prequel che spinge il celebre franchise sparatutto in una direzione più cupa, medievale e visceralmente affascinante.
Disponibile su PlayStation 5, Xbox Series X/S e PC, oltre che su Xbox Game Pass e GFN, The Dark Ages mescola lo stile feroce dello sparatutto in prima persona con elementi da gioco d’avventura e persino da picchiaduro. E ci riesce in modo talmente convincente che, già dalle prime ore avevo capito di trovarmi davanti a un capitolo destinato a lasciare il segno – e se non ci riesce Doom chi altro ci può riuscire?!
Per questa recensione abbiamo avuto il privilegio di giocare a Doom: The Dark Ages su Xbox Series X e GeForce NOW Ultimate grazie a una copia offerta gentilmente dall’editore.
Ritorno alle origini… in armatura
Dimentica il parkour ipercinetico di Doom Eternal: in The Dark Ages, lo Slayer indossa un’armatura medievale e si muove con un peso che si sente tutto – come un colosso inarrestabile che frantuma orde di demoni a colpi di scudo e mazza. Il ritmo di gioco si fa più fisico, quasi “terrestre”, ma non per questo meno brutale. Anzi, il nuovo combat system, ripensato dalle fondamenta da id Software, riesce a coniugare il feeling classico degli sparatutto old-school con una profondità inedita, forse mai vista prima.
Le arene sono costruite per favorire lo strafe circolare, con una costante danza mortale tra attacchi a distanza e corpo a corpo. Ogni scontro richiede di muoversi con intelligenza, avanzare, bloccare, deviare proiettili e scatenare attacchi ravvicinati con tempismo chirurgico. Proprio il combattimento corpo a corpo è ora centrale grazie alle nuove armi melee, ognuna con il proprio stile e combo, mentre lo scudo-sega svolge un ruolo cruciale non solo in difesa, ma soprattutto in attacco – fidatevi che lo adorerete.
Anche le glory kills non sono più semplici animazioni scriptate, ma parte integrante del flusso di gioco, perfettamente integrate nel loop di combattimento, che si evolve in modo fluido tra parate perfette, respinte di proiettili e assalti devastanti.
La vera novità? Oltre alla classica selezione della difficoltà, The Dark Ages introduce una serie di opzioni di accessibilità avanzate che, per esempio, permettono di regolare l’impatto dei danni inflitti e ricevuti, adattando l’esperienza a ogni tipo di giocatore. Per chi invece cerca l’adrenalina pura, c’è la Modalità Turbo, che accelera notevolmente l’azione rendendo i combattimenti ancora più veloci e intensi.
Campagna cinematografica
Se c’è un elemento che colpisce fin da subito in Doom: The Dark Ages, è la sua sorprendente ambizione narrativa. Dimentica l’approccio minimalista del passato: stavolta ci troviamo di fronte a una storia vera e propria, scandita da sequenze d’intermezzo ben costruite, missioni dal taglio cinematografico e personaggi secondari che, pur non rubando la scena allo Slayer, aiutano a dare coerenza e spessore.
La trama non pretende di essere una space opera da premio letterario, ma svolge il suo compito con dignità e una certa dose di spettacolarità. Il racconto si incastra perfettamente nel contesto brutale e senza fronzoli della saga: lo Slayer è sempre lui, silenzioso, spietato e letalmente efficace, ma attorno a lui si muove un mondo in rovina dove il caos ha assunto nuove forme… e dimensioni. Gli antagonisti sono ben caratterizzati (a modo loro), i comprimari servono da guida o da esca, e ogni livello termina con un cliffhanger ben piazzato.
E poi, che varietà! Non si tratta solo di corridoi pieni di demoni. Ci sono sequenze spettacolari in cui si prende il controllo di Atlan, il mech colossale che sprigiona potenza ad ogni passo, oppure si solca il cielo a cavallo del drago Serrar, con combattimenti aerei che sembrano usciti da un’altra saga. Ogni veicolo introduce meccaniche uniche, offrendo brevi ma intensi cambi di ritmo che rendono la campagna ancora più ricca.
Certo, qua e là si nota qualche salto narrativo un po’ forzato ma onestamente, è come cercare coerenza logica in un’esplosione nucleare.
Finalmente una mappa intuitiva
Ogni capitolo è un piccolo mondo a sé, spesso enorme e pieno di segreti, potenziamenti, gemme e stanze opzionali che migliorano l’equipaggiamento e le abilità del protagonista. Il design dei livelli, curato e labirintico, incoraggia l’esplorazione intelligente, grazie anche a un sistema di mappa finalmente intuitivo.
Per i completisti, sarà una vera sfida arrivare al 100%. Ma anche chi vuole solo godersi l’azione troverà tante deviazioni appaganti, puzzle ambientali ben congegnati e sfide secondarie che arricchiscono l’esperienza senza appesantirla.
La storia è lunga il giusto, con una durata variabile dalle 10 alle 20 ore in funzione del livello di completismo e di un’eventuale turbo mode.
Un inferno che brilla
Dal punto di vista tecnico, Doom: The Dark Ages rappresenta un’evoluzione sostanziale della serie, grazie all’adozione del nuovo motore id Tech 8, sviluppato internamente da id Software. Questa nuova versione del motore, abbinata all’uso esclusivo dell’API Vulkan, porta con sé miglioramenti sostanziali in termini di performance, resa visiva e simulazione fisica.
Durante la mia esperienza su GFN Ultimate in 4K con impostazioni su Ultra Nightmare, il titolo ha mostrato una nitidezza sorprendente e un dettaglio grafico costante. Gli oggetti nel mondo di gioco presentano un alto numero di poligoni, distribuiti in modo uniforme grazie a un avanzato sistema di gestione del livello di dettaglio che ricorda il funzionamento di Nanite: non si percepisce alcun pop-in nei modelli, nemmeno nei passaggi più rapidi – e se non si fosse capito l’ho giocato completamente in cloud.
Le texture sono altamente dettagliate e rimangono perfettamente definite anche da vicino. Alcune superfici sembrano utilizzare tecniche procedurali per generare dettagli tridimensionali, andando oltre le texture statiche tradizionali, una scelta che contribuisce a rendere gli ambienti ancora più vivi. E anche il ray tracing non delude e va a migliorare una qualità dell’illuminazione dinamica e dei riflessi già decisamente ottima.
Atmosfera da total destruction
La colonna sonora è sempre fedele allo spirito Doom: riff metal, cori epici e percussioni tribali si fondono in un mix potente che accompagna ogni battaglia come un assolo di chitarra in una battaglia per l’anima del mondo. L’audio 3D rende ogni sibilo, urlo e detonazione una presenza fisica nella stanza. Giocalo con le cuffie: ti sentirai dentro l’inferno.
I secoli bui non sono mai stati così luminosi
Doom: The Dark Ages è un ritorno alle origini che osa, sperimenta e vince. Abbandona la velocità frenetica del passato recente per abbracciare un’anima più pesante, brutale e cinematografica, senza mai rinunciare all’essenza feroce che ha reso immortale il franchise. La varietà della campagna, le novità del gameplay e un comparto tecnico sontuoso lo rendono uno dei capitoli più coraggiosi e memorabili della saga.
Certo, non tutti ameranno il nuovo ritmo e alcune scelte richiedono un minimo di adattamento, ma chi accetta la sfida si troverà tra le mani uno degli sparatutto più intensi e spettacolari degli ultimi anni.
VOTO 9/10
Pro
- Direzione artistica
- Gameplay brutale
- Campagna e narrazione
- Accessibilità
- Tecnicamente eccellente
Contro
- Gameplay più lento
- Curva di apprendimento alta
- Storia lievemente lacunosa
- Qualche problema all’avvio su GFN