
Attenzione: questa recensione contiene diversi spoiler sulla struttura, i contenuti e alcune sorprese del gioco. Se non hai ancora completato Clair Obscur: Expedition 33, ti consiglio di tornare a leggerla più avanti. Ma se sei già parte di chi ha affrontato il Dipinto… benvenuto.
Ci sono giochi che si giocano, e poi ci sono giochi che si vivono. Clair Obscur: Expedition 33 è decisamente uno di questi. Un’esperienza rara, intensa, poetica. Una dichiarazione d’intenti da parte di uno studio indie che, con coraggio e visione artistica, ha creato uno dei titoli più sorprendenti e toccanti che io abbia mai giocato.
Sì, ho finito il gioco. Tutto. Anche il New Game Plus. Ho sbloccato ogni trofeo, testato tutte le build, esplorato ogni angolo nascosto e portato ogni arma al livello massimo. E più ci penso, più mi rendo conto che questa non è solo una recensione: è una lettera d’amore.
Un mondo sospeso tra bellezza e disperazione
Il concept alla base di Clair Obscur è potente come una poesia apocalittica: ogni anno, La Pittrice dipinge un numero, e chi ha quell’età… svanisce nel nulla. È una condanna collettiva, lenta e spietata, che trasforma il tempo stesso in un carnefice e ogni decisione in un atto disperato di resistenza. Un’idea forte, coraggiosa, che ti colpisce dritto allo stomaco fin dai primi minuti.
La direzione artistica è qualcosa di unico: ogni ambientazione, ogni creatura, ogni scorcio sembra uscito da un quadro surrealista intriso di malinconia e bellezza. Nonostante una grafica che non punta al fotorealismo e non fa gridare al miracolo tecnico, Clair Obscur riesce a lasciare senza fiato con la sua coerenza visiva, l’uso sapiente dei colori e delle luci, e una messa in scena che sa emozionare. I nemici, in particolare, sono sorprendentemente vari, visivamente distinti e accompagnati da un lavoro di design e animazione che li rende memorabili.
La scrittura, poi, è di livello altissimo. Dialoghi mai banali, pieni di pathos, poesia e umanità. La narrazione non perde mai mordente: anche quando qualche sviluppo sembra intuibile, c’è sempre una sorpresa dietro l’angolo, un dettaglio che cambia la prospettiva, un colpo di scena che ti rimette in discussione. È una storia che si prende il suo tempo, ma non te ne fa mai pentire.
Il combattimento? Una danza meccanica perfetta
Il sistema di combattimento è, semplicemente, brillante. Richiede attenzione, riflessi, strategia. Non è un “metti in pausa e pensa”: è un “sbagli? te lo prendi in faccia”. Ogni personaggio ha meccaniche uniche, ogni battaglia sembra coreografata come una danza tra potenza e precisione.
La difficoltà cresce in modo organico. Anche se si raggiunge il cap di danni già nella seconda metà dell’atto 1, non si può andare oltre fino a fine atto 2, rendendo le sfide comunque stimolanti. Anzi, proprio questa scelta di design contribuisce a un equilibrio particolare: ti senti potente, ma mai invincibile.
E quando il gioco si rompe (volutamente) nell’ultima parte – it’s over 9999! -, diventa quasi una celebrazione del giocatore stesso: “Hai portato qui la tua squadra, ora divertiti”. Build esagerate, possibilità folli, una libertà assoluta che fa impazzire chi ama smanettare con i numeri.
L’esplorazione, tra fascino e lentezza
Il mondo di Clair Obscur: Expedition 33 è un vero e proprio personaggio, vivo, misterioso, affascinante. Esplorarlo è un piacere per gli occhi e per l’anima. Tuttavia, inizialmente gli spostamenti sono lenti, lentissimi, ma con l’avanzare della storia si sblocca Esquie, e da lì cambia tutto: prima si corre, poi si nuota, infine si vola. Le tempistiche migliorano sensibilmente e attraversare le varie zone diventa via via più dinamico.
Ma anche con tutte le evoluzioni, negli spostamenti endgame il ritmo si fa ancora troppo lento. Andare avanti e indietro per completare ogni area può diventare tedioso, soprattutto quando manca un sistema di viaggio rapido che velocizzi gli spostamenti tra zone già visitate.
Esquie, però, è una delizia. Le sue animazioni sono incredibili – dai salti, agli scatti, fino a quando si bagna e fa quelle espressioni irresistibili. Un compagno adorabile, curato nel minimo dettaglio, che rende l’esplorazione più divertente, anche quando richiede un po’ troppa pazienza.
Un dettaglio che avrebbe completato l’esperienza? Un indicatore di completamento per ogni zona. Non per togliere il gusto dell’esplorazione, ma per evitare giri a vuoto e aiutare chi vuole davvero vedere tutto.
Il menu dei Pictos: profondo, ma migliorabile
I Pictos sono una delle feature più interessanti: veri e propri “pezzi d’identità” del personaggio, da combinare per creare sinergie devastanti. Il menu offre già opzioni comode come ordinamenti e preferiti, ma con la quantità enorme di Pictos disponibili, un’ulteriore suddivisione per categorie tematiche (ad esempio “per combattente solitario”, “per build fuoco” e così via) potrebbe fare davvero la differenza.
Non è un problema grave, ma una rifinitura che avrebbe reso il tutto ancora più user-friendly.
Platforming e attività secondarie: meno, ma buone
Il platforming mi ha sorpreso in positivo. Concentrati nelle sfide opzionali, i salti e gli enigmi ambientali si fondono perfettamente col tono generale del gioco, offrendo una pausa meccanica ma non emotiva.
Le attività secondarie non sono tante, ma proprio per questo sarebbe stato comodo avere una mini quest log. Nulla di complesso, anche solo un tracciamento basilare che aiuti a non perdere il filo, considerando l’importanza narrativa di alcuni contenuti opzionali.
Il New Game Plus: più premio che sfida
Il NG+ aggiunge alcuni premi esclusivi (sì, sto ancora ridendo per la baguette), ma non fornisce abbastanza motivazione per rigiocare tutta l’avventura. Le armi e i Pictos al massimo livello sono belli da avere, ma non cambiano radicalmente l’esperienza. Avrei voluto qualche contenuto narrativo esclusivo o missioni alternative, per dare più peso a una seconda run.
È più un regalo per chi ama completare e massimizzare tutto, che una modalità che cambia il gioco. Va benissimo così, ma magari in futuro si potrebbe osare ancora di più, offrendo sfide alternative o variazioni narrative.
Un capolavoro con l’anima
Clair Obscur: Expedition 33 non è perfetto. Ma chi se ne importa? Perché quello che offre va oltre la tecnica, oltre il budget, oltre le classifiche. È un gioco che osa, che emoziona, che ti resta dentro. È un titolo che dopo centinaia di ore ancora riesce a intrattenere. Un’opera d’arte vera, di quelle che si ricordano a distanza di anni.
E se questo è solo l’inizio per Sandfall, allora non vedo l’ora di vedere il seguito. Perché a volte, tra mille giochi che si somigliano, arriva qualcosa che parla una lingua tutta sua. E tu, quella lingua, la capisci al volo.
VOTO 9/10
Pro
- Concept narrativo originale e potente
- Direzione artistica suggestiva e coerente
- Scrittura di altissimo livello
- Sistema di combattimento ispirato e reattivo
- Colonna sonora e sound design evocativi
Contro
- Navigazione dei menu migliorabile
- Niente tracciamente obbiettivi
- Piccoli bug e glitch visivi
- Mancanza di rifinitura
- NG+ sottotono